Incontro con Giulio Andreotti
Intervista di Mauro Harsch
 
Nato a Roma il 14 gennaio 1919, Giulio Andreotti si è laureato in giurisprudenza nel 1941, specializzandosi successivamente in diritto canonico. Ha collaborato alla fondazione della Democrazia Cristiana, al fianco di Alcide De Gasperi e Guido Gonella. Dal 1946, è stato confermato in tutte le successive elezioni della Camera dei Deputati nella circoscrizione di Roma-Latina-Viterbo-Frosinone, dove è stato eletto, per la dodicesima volta, nel 1987. È stato anche eletto per due volte al Parlamento Europeo. Nel 1991 il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, lo ha nominato Senatore a vita. Ha ricoperto numerosi incarichi di governo: Interno, Finanze, Tesoro, Difesa, Industria, Bilancio ed Esteri. È stato Presidente del Consiglio dei Ministri dal febbraio 1972 al giugno 1973, dal luglio 1976 al giugno 1979 e dal 1989 al 1992. Presidente dei deputati della D.C. dal dicembre 1968 al febbraio 1972, ha presieduto per tutta l’ottava legislatura la Commissione Affari Esteri della Camera. Ha ricevuto la Laurea Honoris Causa della Sorbona di Parigi, della Loyola University di Chicago, dell’Università Copernico di Torun (Polonia), della Notre Dame University di South Bend (Indiana), dell’Università della Plata (Argentina), dell’Università di Salamanca (Spagna), della Saint John’s Univesity di New York, dell’Università di Varsavia, dell’Università della Scienza e della Tecnologia di Pechino, dell’Università Clemente d’Ocrida di Sofia, della Catholic University of America (Washington D.C.), della New York University, della Jewish Theological Seminary (New York), dell’Università di Pechino e dell’Università di Toronto. Attualmente è membro della Commissione Affari Esteri del Senato.
 
Pubblichiamo l’intervista che lo scorso mese di marzo il Senatore ha rilasciato in esclusiva per la nostra rivista. Con schiettezza ed efficacia, ha riposto ad alcune domande riguardanti le sue convinzioni morali e spirituali, proponendo – soprattutto ai giovani – particolari spunti di riflessione. Un’occasione per conoscere Giulio Andreotti sotto una luce diversa da quella alimentata dai grandi mass-media.
 
Senatore Andreotti, oltre ad essere uno dei più importanti politici della storia d’Italia, lei è notoriamente anche un uomo di fede. Ci vuole parlare della sua vita spirituale?
Sono nato in una famiglia di osservanza religiosa tradizionale, spontanea, semplice. Da bambino mi affascinavano le celebrazioni liturgiche: la musica sacra, le processioni, le chiese romane bellissime. Incontrai anche sacerdoti di grande spessore che mi aiutarono ad inquadrare tutto questo in un modo di vivere. I miei amici più cari seguirono la vocazione religiosa. Io non potevo seguirli, perché non propenso al celibato.
 
Cos’è per Lei la fede?
È un dono di Dio che ci guida, ci incoraggia, ci spinge a fare il bene. È un dono, quindi non c’è che da ringraziare.
 
Che ruolo ha avuto la fede nelle sue scelte di vita e nelle responsabilità politiche?
Mi ha spinto ad approfondire la socialità del messaggio cristiano. Di qui l’impegno politico specifico.
 
Cosa l’ha spinta a dedicare la sua vita alla politica?
Spesso sono circostanze occasionali che danno un indirizzo (positivo o negativo). Per me – presidente degli universitari cattolici italiani – fu un incontro con De Gasperi che mi invitò a lavorare con lui per ricostruire clandestinamente il partito che il fascismo aveva sciolto istaurando la dittatura. Fino a quel momento non pensavo davvero di fare politica.
 
C’è un’esperienza che le è rimasta impressa nel cuore in modo particolare?
Sono state le tragiche settimane della cattura e dell’assassinio di Moro. Il dovere morale e civile di non trattare con i brigatisti era ineludibile, ma suscitava angosciosi drammi.
 
Oggigiorno, sono in molti ad affermare che la società sta vivendo un degrado morale senza precedenti. Molti giovani – specialmente dalle nostre latitudini – hanno abbandonato la Chiesa e abbracciano altre realtà, spesso negative.  Secondo Lei quali sono le cause di questa crisi?  
Non esagererei in questa diagnosi. Ci sono anche tanti giovani che, nel volontariato o altrimenti, sono esemplari. Per il resto, è vero che le distrazioni oggi sono molte e raffinate. Medjugorje, per contro, ha riportato alla Chiesa centinaia di migliaia di giovani; ogni giorno avvengono conversioni.

Lei è stato a Medjugorje. Ci vuole dire qualcosa in proposito?
Ci sono stato anticipando di mezza giornata la mia andata a Dubrovnik per una riunione di ministri degli Esteri. Rimasi molto colpito per la spiritualità che si respirava, con una presenza di giovani formidabile. Già questo è un miracolo.
 
Come immagina la Chiesa del terzo millennio?
Con una forte ripresa dello spirito originario, spinta dal popolo di Dio con grande slancio e con molta semplicità.
 
Come vede il futuro del mondo?
Se non si correggono a fondo le laceranti disparità sociali, vedo l’orizzonte molto buio.
 
La nostra Fondazione opera a favore dell’infanzia bisognosa ed è costantemente confrontata con queste gravi disparità. Si potrà mai raggiungere una maggior giustizia nella condivisione dei beni terreni?
La giustizia distributiva totale è utopia, ma un’inversione di marcia è indispensabile. Ci si pensa – purtroppo – poco. Anzi, si critica il Papa perché invoca un’economia sociale di mercato.
 
È felice?
Abbastanza. Devo ringraziare Dio di tante cose: prima di tutto della famiglia che ho.
 
Qual è il segreto della felicità?
Il fissare – magari nel subconscio – livelli possibili.
 
Ha un sogno nel cassetto?
No. Sogno solo quando non sto bene; e sono incubi. Come temperamento non sono un sognatore.
 
I valori più importanti nella sua vita.
Quelli di qualunque altro uomo comune.
 
Un consiglio ai giovani.
Convincersi che il futuro è nelle loro mani e che le occasioni non devono trovarli impreparati o distratti.
 
Un messaggio alla Svizzera, agli svizzeri…
Credo che bisogna prendere la Svizzera com’è e rispettarne certi atteggiamenti che all’apparenza sono perfino paradossali. Il non far parte dell’ONU, ad esempio, pur ospitando strutture essenziali dell’Organizzazione.
Non dimentico quanto fecero gli svizzeri durante la guerra e l’occupazione nazista per salvare tanti italiani. Andando indietro trovo tracce interessanti in varie direzioni, tra le quali la bocciatura popolare della bozza di Costituzione del Cantone di Lucerna, elaborata nel secolo XIX dall’illustre Pellegrino Rossi, che nel 1848 finì assassinato a Roma, al servizio dello Stato Pontificio.
 
Un ultimo messaggio alla nostra Fondazione, ai nostri lettori…
Gesù ci insegna che i bambini devono essere al primo posto.
 
Grazie Senatore.

Roma, Marzo 2001