Serata davvero memorabile

   

Il concerto benefico organizzato dalla Fondazione "Medjugorje per l’Infanzia" si è rilevato l’apoteosi tanto attesa con un programma indovinato, la prodigiosa energia del Mo. Giulini, la passione dei giovani orchestrali. 
La Fondazione "Medjugorje per l’Infanzia" è stata creata da un valido musicista, cioè dal pianista ticinese Mauro Harsch, e si vede, o meglio, si sente! Basti pensare al successo del St. Moritz Piano Festival da lui allestito l’estate scorsa. Non è per caso, ed è forse ispirato all’obiettivo della Fondazione, il fatto che soprattutto i giovani musicisti vengano invitati a suonare in tali occasioni. Infatti, la musica non ha età e, se c’è talento, lo si vede fin dalla prima infanzia; del resto non c’è musica senza vita ed è noiosa la vita senza musica. Ormai non si discute più il suo oggettivo, benefico influsso nella realtà fisiologica e il suo grande potere evocativo e di educazione dei sentimenti: anche senza provocare direttamente un aumento della bontà, della solidarietà e della generosità umana, essa può fare da efficace pretesto, come in questi casi. D’altra parte, suonare per beneficenza (quella vera) è motivo in più per lavorare con il massimo impegno, per dare il meglio di sé. Per festeggiare il decimo anniversario della nascita della Fondazione, ecco l’apoteosi tanto attesa. Diretta da Carlo Maria Giulini, la Chamber Orchestra of Europe, formata soprattutto da giovani, e il solista Kolja Blacher, violino, hanno offerto una serata davvero memorabile al Palazzo dei Congressi di Lugano sull’onda dei grandi successi recenti.
Assai indovinata la scelta del programma, accessibile anche ai meno preparati. Accanto a Schubert, di cui si sta celebrando in modo più che adeguato il secondo centenario della nascita, c’era Mendelssohn, del quale, fra pochi giorni, ricorrerà un anniversario meno famoso, il centocinquantesimo della scomparsa. Chi non conosce il suo Concerto per violino e orchestra in mi minore op. 64? Un brano che si potrebbe sentire decine di volte di seguito senza stancarsi, dove la magia si sprigiona fin dal primo accordo. Ma a farlo gustare come se fosse la prima volta che lo si ascoltava ci ha pensato innanzitutto il solista: Blacher lo ha pennellato con una precisione straordinaria, con equilibrio e libertà insieme, con respiro esemplare, carico di tensione. Giulini collaborava da par suo, seguendolo al millimetro e dando costante spessore alla musica, perfettamente assecondato da una compagine orchestrale dove l’entusiasmo e la partecipazione emotiva si leggevano sul volto e nel gesto di ogni elemento.
Nella seconda parte, un’incantevole interpretazione della poliedrica Sinfonia n. 9 in Do maggiore D 944 di Schubert ha esaltato la lucidità d’intenti e la prodigiosa energia che trasmette Giulini all’orchestra e al pubblico; superfluo l’uso retorico di paragoni e di luoghi comuni: quando il costante desiderio di migliorarsi fa capo a tanta esperienza, a tanta musica vissuta e a tanto amore, il risultato non può che essere eccezionale, quanto calorosa e riconoscente l’ovazione di tutti, orchestrali compresi.

Mario Patuzzi, Giornale del Popolo – 30 ottobre 1997