Incontro con Carlo Maria Giulini
Intervista di Mauro Harsch
 

Oggi ho incontrato il Mo. Carlo Maria Giulini nel suo studio di Milano. Ho colto l’occasione per porgli alcune domande a cui il grande Maestro ha risposto con la spontaneità, l’umiltà e la bontà d’animo che sempre contraddistinguono i grandi artisti.
 
Maestro, innanzitutto desidero ringraziarLa per aver accolto l’invito di dirigere il concerto commemorativo che avrà luogo il prossimo 28 ottobre a Lugano in occasione del decimo anniversario della nascita della Fondazione "Medjugorje per l’Infanzia". Lei dirigerà la Chamber Orchestra of Europe, ci vuole dire qualcosa in proposito?
E’ un’orchestra stupenda, di altissimo livello tecnico-musicale. E’ bello far musica con giovani pieni d’entusiasmo, provenienti da diverse nazioni, con i quali nasce sempre anche un bellissimo rapporto umano.
 
Il solista della serata sarà Kolja Blacher, primo violino dei Berliner Philharmoniker...
Si, è un violinista che conosco da molto tempo e che stimo moltissimo. Sono molto felice di poter fare musica con lui.
 
Lei ha lavorato con artisti come Maria Callas, Arturo Benedetti-Michelangeli... Ha qualche ricordo particolare, qualche aneddoto da raccontare?
Lei ha nominato la Callas e Michelangeli... Con questi due artisti - da annoverare sicuramente fra i più straordinari di questo nostro periodo - ho lavorato molto, siamo stati molto insieme, ma se qualcuno mi chiedesse chi era la Callas, chi era Michelangeli... non saprei rispondere. Erano due esseri umani molto misteriosi, che si concentravano al cento per cento nel momento di fare musica, ma che poi, nel quotidiano, entravano in una dimensione umana sconosciuta. Non so nemmeno se loro stessi si conoscessero fino in fondo. Io credo che la Callas fosse il personaggio che interpretava nelle varie opere. Possedeva mezzi vocali straordinari, era musicista, grande attrice, ma chi fosse veramente Maria Callas non lo so. E così pure Michelangeli, è un mistero... Le racconto solo un episodio. Con Michelangeli tenni una serie di concerti in Israele e a New York durante il periodo di un mese; si lavorava insieme, si mangiava insieme, si dormiva nello stesso Hotel. Durante la pausa dell’ultimo concerto, a New York, venne nel mio camerino una signora e mi disse: "Vengo da parte di Michelangeli, che chiede se Lei è disposto a fare un disco con lui". Rimasi senza parole. Dopo un mese che eravamo insieme, mi mandava una persona sconosciuta per chiedermi questo... Sono cose che non si riescono a capire. Comunque, quando era al pianoforte, tutto era a posto. Non ho mai visto Michelangeli fare un capriccio durante un’esecuzione o una prova.
 
La nostra Fondazione, come molte altre opere umanitarie, è nata in seguito ad un esperienza di fede e al conseguente desiderio di aiutare chi è nel bisogno. Lei è una persona molto religiosa. Ci vuole parlare della Sua esperienza di fede?
Io ho avuto la fortuna di nascere e di crescere in una famiglia molto credente, religiosa e praticante. Un papà e una mamma straordinari. Poi ho vissuto il periodo degli studi e in seguito la difficile e terribile esperienza della guerra. La fede mi ha sempre aiutato molto, anche nelle situazioni più difficili. Grazie alla fede anche i momenti di grande sofferenza si vivono sotto un’altra luce, nasce una forma di accettazione, non si rifiuta la sofferenza. Questo non significa soffrire di meno, ma soffrire in altro modo.
 
Le esperienze di vita, la scuola e anche la fede formano la personalità di un artista che, a sua volta, durante un’esecuzione, ha il compito di creare - o meglio di ricreare - l’anima di un’opera musicale. Come vive questa meravigliosa esperienza che si rinnova durante ogni concerto?
Innanzitutto, io non penso mai di essere un direttore d’orchestra. Penso di essere un musicista che fa musica con altri musicisti coinvolgendoli nel grande privilegio di essere al servizio di genii della musica che ci hanno fatto dono di immensi capolavori. Si deve far musica con tutto l’amore possibile e con tutta la preparazione possibile. La musica è l’unica arte che sulla carta è morta... Bisogna quindi far rivivere ogni nota, cercando di capire cosa voleva dire il compositore e come lo voleva dire. Il direttore d’orchestra è anche l’unico musicista che crea un suono senza un contatto fisico.
 
La musica, oltre ad essere arte, può anche diventare un forte mezzo di comunicazione, o di solidarietà...
La musica parla alla fantasia e alla spiritualità delle persone. In una sala da concerto vi saranno mille-duemila persone, e ognuna di esse sente la musica in modo differente, a seconda del proprio stato d’animo. Una persona felice e tranquilla sente un brano in un certo modo; un’altra, magari un po’ triste, sente lo stesso pezzo diversamente. La musica ha il grande dono di penetrare nel profondo dell’animo umano. Se poi, attraverso la musica, è possibile far del bene a gente che soffre è meglio ancora.
 
Parliamo un po’ del mondo dei giovani, considerato che la nostra Fondazione si occupa proprio di loro. La grande maggioranza dei giovani è attratta dalla musica rock, techno... e solo una piccola percentuale ascolta musica "classica". Come spiega questo fatto? Pensa che si possa fare qualcosa per avvicinare maggiormente i giovani alla grande musica?
Purtroppo non ho esperienza di questo mondo, ma quando sento che i giovani ballano solamente con dei rumori e delle luci... allora non capisco. Naturalmente, ascoltare la musica classica richiede concentrazione, dedizione, bisogna lasciarsi "prendere". Non saprei cosa dire a questi giovani. Il salto tra la loro musica e l’altra è veramente troppo grande.
 
Oltre alla musica, quali sono i valori più importanti nella Sua vita?
L’amore! L’amore è la base della vita umana. Poi, naturalmente, tutto quello che ha a che fare con l’arte. Ma anche una bella passeggiata in montagna, una nuotata nel mare, un buon piatto di spaghetti, un buon bicchiere di vino... sono tutte cose che bisogna apprezzare! Dobbiamo ringraziare il buon Dio per avercele date! Quando mi metto a tavola penso sempre a quante persone nel mondo non hanno da mangiare...
 
Progetti futuri...
In settembre avrò un concerto con l’Orchestra Internazionale giovanile, in ottobre ne terrò quattro con la Chamber e all’inizio del prossimo anno farò il Requiem di Verdi a Parigi e a Torino. Adesso non dirigo più di un programma al mese. Sa, alla mia età....
 
Ha qualche rimpianto, c’è qualcosa che avrebbe voluto fare e che non ha fatto? Un sogno nel cassetto?
Onestamente, devo dire di no. Quello che dovevo fare credo d’averlo realizzato come meglio potevo, anche perché faccio solo le cose che sono parte della mia vita; perciò... no, non ho rimpianti.
 
Da ultimo vuole dare un messaggio ai nostri lettori, ai giovani...
Posso dare solo un messaggio: al di fuori della fede c’è una cosa molto importante che è l’amore. Quando si fa un lavoro - qualsiasi esso sia - bisogna farlo sempre con amore, e con amore significa farlo bene. Tante volte, camminando per la strada, vedo un operaio che fa il suo lavoro con amore e con dedizione e penso che sia una bellissima cosa.
Nei livelli non umani ci sono i santi e i genii, essi sono in una dimensione che ci è sconosciuta. Nel livello umano ci sono il sacerdote e il medico: il sacerdote cura l’anima e il medico il corpo. Nelle altre professioni l’importante è applicarsi con impegno, dedizione, capacità e, naturalmente, con amore...
 
Grazie Maestro e arrivederci a Lugano!

Milano, 4 luglio 1997